venerdì 26 luglio 2013

Sindrome del “pluristile”: troppa creatività o nessuna identità?

Oggi sul sito di Vanity Fair ho trovato un articolo che suonava più o meno così “Sei più una Audrey Hepburn o una Jessica Rabbit? Scoprilo dalle scarpe che indossi!” e ho temuto di incappare in un test di personalità che dall'analisi degli elementi riposti nella mia scarpiera mi avrebbe detto qualcosa in più sulla mia personalità ….
Per fortuna questa volta non era un test, altrimenti di certo non avrei resistito a farlo. Ma mi sono chiesta, quante di noi cedono di fronte ad un test che sulla base di una serie di domande più o meno campate in aria e più o meno prevedibili ci possa rilevare qualcosa in più di noi stesse? Sia tra le scettiche che fra quelle più convinte, la curiosità è troppo forte. Prevale quella propensione all’autoanalisi tutta femminile che ci spinge a scoprire se siamo più conigliette o pantere, più vittime o carnefici, più francesi o hollywoodiane nel modo di vestire, più crocerossine o predatrici (e – perché no – anche un po’ meretrici???!!!) E proprio nel mentre calcoliamo il punteggio rilevatore del nostro quid riconosciamo chiaramente quel profilo ideale al quale vorremo corrispondere. Anche lei, la più scettica fra noi, cede a quell'attimo di aspettativa.
 E poi arriva lui - il responso - che può confermarti quanto volevi sentirti dire o mettersi di traverso come una minuscola lisca di pesce, piccola, insignificante ma fastidiosa …. a cui il pensiero ritorna appena la mente si libera..
E così io, che come avrete ben capito sono una PaRaTest (paranoica dei test – tanto per non farci mancare nulla), mi sono trovata ad essere a turnazione “la romantica”, “la determinata”, “la hippie”, la “Carrie Bradshaw” dei poveri, poi “l'intellettuale”, “l'insicura”, la “Cleopatra” , “la rocker” e tanto per concludere anche la Emma Bovary del nuovo millennio.
Di fronte a tanta varietà di identità mi sono chiesta come sia mai possibile:  sono i test un grande bluff o piuttosto soffro io di sindrome di personalità plurima??
Ad una soluzione non sono ancora arrivata né gli scienziati di Harvard di hanno illuminato. Tuttavia parlandone con un collega di lavoro sono stata colpita dalle sue parole “E' normale quello che esce fuori dai test, tu cambi stile di vestire tutti i giorni. Una volta indossi jeans a zampa e t-shirt, poi ti vesti stile bon ton con camicia ricamata. Un altro giorno sei professionale con tacco e giacca per poi prendere una vena rock alla sera. Al mattino facciamo il toto vestito prima che arrivi!!!”.
Al che ho risposto “Ma la mia è creatività. Che c'entra con la personalità” e lui provocatoriamente mi ha suggerito “ Sei certa? E se fosse mancanza di identità!!”
O mamma, mancanza di identità!!?? E' dura da digerire.
Secondo voi? Il modo di vestire è rivelatore della nostra personalità? E soprattutto voi avete uno stile prevalente o con me condividete una smania al mattino di essere sempre diversa,  letteralmente “sorprendente”? Anche voi conoscete perfettamente i capi “no”, quelli che non indossereste mai, ma avete difficoltà ad identificare i capi “si”?
In tale “sindrome da pluristile” non credo che le mode siano determinanti, reputo che oramai ci sia una tale varietà di indumenti che per ogni collezione che se uno vuole, può seguire le tendenze e allo stesso tempo rispettare un unico mood. E quindi?
Possibile che a 30 anni sono ancora alla ricerca della mia identità? Sempre che i due fattori siano collegati. Ma soprattutto il “pluristile” non può essere esso stesso rivelatore di un modo di essere?

Ditemi la vostra, vi aspetto ansiosa!!

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